IL TRIBUNALE Vista l'istanza di riesame presentata dal dott. proc. Danillo Taschin nell'interesse di Dona' Walter e da Dona' Walter stesso avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal g.i.p. presso il tribunale di Venezia in data 26 maggio 1993 nei confronti di Dona' Fausto, indagato nel proc. pen. n. 1068 r.g.n.r. per il reato di cui all'art. 12-quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306/1992 convertito, con modificazioni, nella legge n. 356/1992, modificato dal d.l. n. 14/1993; Letti gli atti del procedimento sulla base dei quali e' stato disposto il provvedimento suddetto; Sentito il difensore; Rilevato che il g.i.p. ha disposto il sequestro preventivo dell'autovettura Volkswagen Golf Rallye targata VE 817335 (oltre che di una villa) su richiesta della procura della Repubblica presso il tribunale di Venezia (direzione distrettuale antimafia) la quale, sulla base delle indagini svolte tramite il nucleo operativo dei carabinieri e la guardia di finanza, ritiene che il Dona' Fausto sia titolare o abbia comunque la disponibilita', anche per interposta persona, dei beni suddetti, da considerarsi ingiustificata e sproporzionata rispetto al reddito dichiarato ai fini delle ii.dd. e all'attivita' economica svolta, configurando, cosi', a carico di Dona' Fausto il reato di cui all'art. 12-quinquies, secondo comma, citato; O S S E R V A Gli istanti adducono la nullita' del provvedimento per omessa notifica dello stesso a Dona' Walter, intestatario dell'autovettura di cui sopra: a quest'ultimo e' stata notificata unicamente l'ordinanza del tribunale di Venezia del 24 maggio 1993 che disponeva il dissequestro dell'autovettura (previa revoca del decreto del sequestro probatorio del p.m.) e, contestualmente, nel verbale di detta notifica, vi era l'indicazione che il bene non poteva tornare nella disponibilita' materiale dell'avente diritto in quanto gravato del sequestro preventivo oggetto del presente riesame. La lagnanza non e' fondata e non puo', quindi, essere accolta. Non vi e', infatti, alcuna norma che sancisca la sanzione della nullita' del decreto di sequestro per omessa notifica del medesimo alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Si ritiene, pertanto, che l'assenza della notificazione del provvedimento non possa risolversi in una causa di nullita' del decreto medesimo, in quanto, proprio per la finalita' di tale notificazione, diretta, appunto a permettere l'impugnazione del provvedimento notificato, la sua mancanza puo' essere dedotta soltanto per sostenere che i termini per proporre l'istanza di riesame non sono ancora decorsi (poiche' questi decorrono dalla esecuzione dell'atto o dalla diversa data di cui l'interessato ne abbia avuto conoscenza; art. 324, comma primo, del c.p.p.), ma non anche per ottenere una pronunzia di annullamento dell'atto medesimo. Orbene, nel caso di specie, non solo il Dona' Walter si e' avvalso, per la proposizione dell'istanza di riesame, di quella facolta' al cui esercizio l'atto omesso (la notificazione, appunto) era preordinato, ma ha anche proposto i motivi di riesame riguardanti il merito del provvedimento gravato con cio' dimostrando di aver avuto comunque conoscenza dell'avvenuto sequestro e dei suoi motivi. Sgombrato, dunque, il campo dalla questione di nullita' sollevata dal difensore e dal suo assistito, ritiene questo tribunale che pregiudiziale al controllo nel merito del decreto di sequestro preventivo gravato e' l'indagine relativa alla costituzionalita' dell'art. 12-quinquies, secondo comma, questione peraltro gia' dichiarata non manifestamente infondata da questo stesso tribunale con precedenti ordinanze e che, percio', ad avviso di questo collegio, deve essere sollevata d'ufficio anche nel presente procedimento per contrasto con gli artt. 3 e 27, secondo comma, della Costituzione. Presupposto del reato di cui all'art. 12-quinquies, secondo comma, e', infatti, la pendenza di un procedimento penale per una o piu' delle ipotesi tassativamente indicate o di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione. Come gia rilevato nelle precedenti ordinanze, la mera sussistenza di un procedimento penale pendente e, quindi, l'assenza di un accertamento definitivo di responsabilita', richiesta quale presupposto di fattispecie penalmente rilevante, configura una violazione del principio di presunzione di non colpevolezza sancito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione. Si tratta, infatti, di un presupposto di per se' provvisorio e di natura procedimentale che prescinde totalmente da una sentenza di condanna irrevocabile e, quindi, da una situazione giudizialmente definitiva. Ulteriore motivo di contrasto, oltre che con l'art. 27, comma secondo, anche con l'art. 3 della Costituzione, si ravvisa nel fatto che la formulazione dell'art. 12-quinquies e, quindi, anche l'esito del procedimento istaurato per tale imputazione, prescindono dall'esito del procedimento penale relativo al reato presupposto con la conseguenza che in violazione del principio di uguaglianza, vengono sottoposte alla medesima sanzione penale situazioni completamente diverse tra loro e, cioe', quella di chi venga successivamente assolto per il reato presupposto e quella di chi, invece, per tale reato venga condannato. L'art. 12-quinquies e' censurabile, pero', anche sotto altro aspetto e per contrasto col principio di ragionevolezza. Questa norma, infatti, crea disparita' di trattamento tra soggetti che si trovano in situazioni sostanzialmente analoghe avendo, cioe', tutti la disponibilita' di beni sproporzionata al reddito e all'attivita' economica svolta e di cui non sanno dare prova della legittima provenienza, ma taluni risultino essere sottoposti a procedimento penale per determinati reati e sono, dunque, perseguibili ex art. 12-quinquies, mentre gli altri non abbiano tali pendenze e sono, pertanto, immuni da sanzione penale in base alla norma citata. Ritenuta, percio', la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale e la sua rilevanza giacche' la norma oggetto del giudizio di costituzionalita' costituisce il fondamento della misura cautelare che deve essere sottoposta a riesame da parte di questo tribunale. Rilevato, pertanto, che il presente procedimento di riesame deve essere obbligatoriamente sospeso come disposto dall'art. 23 della legge n. 87/1953 e che tale sospensione e applicabile anche alla procedura di riesame come gia' ritenuto dalla suprema Corte con le sentenze 3 luglio 1992, prima sezione, e 7 luglio 1992, sesta sezione; Considerato che tale sospensione riguarda evidentemente anche il termine per la decisione previsto dall'art. 309, nono comma, del c.p.p. e cio' per il disposto di cui all'art. 173, secondo comma, del c.p.p.;